Teatro & Psicologia
Queste due discipline sono molto più vicine di quanto non si possa immaginare. La Psicologia si occupa dell’esperienza umana nelle sue dimensioni mentali, corporee, relazionali; analogamente il Teatro si occupa dell’esperienza umana nella sua totalità di espressioni: mentali, linguistiche, corporee, relazionali, storiche. Pur avendo metodi diversi la Psicologia ed il Teatro possono essere considerati forme di conoscenza del mondo umano. Possono essere visti come forme di comunicazione, modi di entrare in relazione, strumenti per inter-venire e provocare consapevolezza e cambiamento in una persona, in un gruppo.
La poesia, l'epica, il teatro svilupparono mezzi per la rappresentazione di particolarità individuali e di leggi sociali molto tempo prima che se ne occupassero la psicologia scientifica e la sociologia, e ancor oggi sono molto più avanti nel cogliere e rappresentare la tensione fra soggetto e oggetto.
A teatro non si va solo per distrarsi, ma può diventare un'attività di ricerca, di studio, di conoscenza. Il teatro può divenire un “dispositivo conoscitivo”, mediante il quale si realizza una forma di conoscenza psicologica dell’uomo.
La Psicologia si occupa del cambiamento ovvero di favorire cambiamenti di diversa natura (educativo, formativo, psicoterapeutico, …). Il Teatro come pratica sociale si occupa del cambiamento: favorire cambiamenti nell’attore e/o nello spettatore a diversi livelli (educativo, emotivo, conoscitivo, relazionale…). Comunicazione, conoscenza e cambiamento vanno visti come momenti di un unico processo. Questo processo genera una “arte umana”: l’arte non più dissociata dalla personalità e dalla vita dell’artista. L'attenzione, nella psicoterapia della Gestalt e nello Psicodramma, ad esempio, si sposta sui vissuti del qui-ed-ora e sulla dimensione consapevole dell’esperienza. La consapevolezza può essere raggiunta attraverso l’auto-osservazione, che presuppone una certa distanza, una non-identificazione con i contenuti mentali. L' incontro fra Teatro e Psicologia ha dato vita in Laboratori teatrali ad un nuovo training dell’attore, l’antropologia teatrale; contemporaneamente ha creato un rinnovato modo di lavorare nel setting psicoterapeutico, la nascita di settings esperienziali, nuove teorie psicologiche e psicoterapeutiche.
tutto questo soprattutto perchè il teatro regala una distanza equilibrata: la capacità di recitare il ruolo ed essere allo stesso tempo osservatore del proprio ruolo. Nello psicodramma ad esempio si ha la possibilità di rivivere un conflitto senza essere sopraffatti dalla immedesimazione nel problema e dall'ansia. Eppure la distanza si presenta in modo paradossale, infatti l’operazione realizzata dal teatro consiste nell’ottenere il massimo dell’identificazione col massimo della differenziazione, la maggiore verità con un minimo di faziosità. In questo stato di equilibrio la persona è in grado di esperire esperienze emotive precedentemente represse, senza però esserne sopraffatti. La “giusta distanza” nel teatro permette alla persona,attore o spettatore che sia, di avanzare fra due mondi: quello oggettivo e quello soggettivo, proprio perché il teatro è una esperienza in cui le persone immaginano e si comportano “come se” fossero altro, in un altro posto in un altro tempo.
Il binomio teatro-psicologia diviene uno strumento applicabile in entrambe le discipline: diviene uno strumento di conoscenza della realtà umana e strumento di cambiamento, di trasformazione dell’uomo e per l'uomo.
Articolo divulgativo a cura di Dott.ssa Cristina Puglia Psicologa e Psicoterapeuta